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Tenerezza

Mi piace credere
che a volte mi pensi
come capita a me,
che a tratti ti manco e
che se non ci sei è solo
perché non puoi.
Che ti appartiene
lo stesso desiderio,
che il tempo che ci divide
a volte è un tormento
a volte nostalgia,
un dipinto fatto di noi.
Che la notte a volte ti manco,
che appartengo ad un sogno,
che se nulla avviene
è solo perché non puoi.
Mi piace credere
che un giorno ti rivedrò
guardandoti negli occhi,
trovando un po’ di me.
Che comprenderai
il posto che occupi
e l’immenso che sei.
Mi piacere credere
che un giorno
mi vedrai veramente
per quella che sono
con difetti e pregi.
E con la voglia di abbracciarmi
mi stringerai a te guardandomi
con gli occhi e con l’anima
di chi un po’ mi ama.

Silvana Stremiz

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Lella Costa

O troppo alta, o troppo bassa
Le dici magra, si sente grassa
Son tutte bionde, lei è corvina
Vanno le brune, diventa albina
Troppo educata, piaccion volgari
Troppo scosciata per le comari
Sei troppo colta preparata
Intelligente, qualificata
Il maschio è fragile, non lo umiliare
Se sei più brava non lo ostentare
Sei solo bella ma non sai far niente
Guarda che oggi l’uomo è esigente
L’aspetto fisico più non gli basta
Cita Alberoni e butta la pasta
Troppi labbroni non vanno più
Troppo quel seno, buttalo giù
Bianca la pelle, che sia di luna
Se non ti abbronzi, non sei nessuna
L’estate prossima con il cotone
Tornan di moda i fianchi a pallone
Ma per l’inverno la moda detta
Ci voglion forme da scolaretta
Piedi piccini, occhi cangianti
Seni minuscoli, anzi giganti
Alice assaggia, pilucca, tracanna
Prima è due metri, poi è una spanna
Alice pensa, poi si arrabatta
Niente da fare, è sempre inadatta
Alice morde, rosicchia, divora
Ma non si arrende, ci prova ancora
Alice piange, trangugia, digiuna
È tutte noi, è se stessa, è nessuna.

— Lella Costa

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22 consigli di scrittura di Stephen King

1 – Non guardare la televisione. Piuttosto leggi il più possibile.
2 – Preparati per più fallimenti e rifiuti di quanti credi di poter sopportare.
3 – Non perdere tempo a cercare di compiacere le persone.
4 – Scrivi prima di tutto per te stesso
5 – Affronta le cose più difficili da scrivere.
6 – Quando scrivi, disconettiti dal resto del mondo.
7 – Non essere pretenzioso.
8 – Evita gli avverbi e i paragrafi troppo lunghi.
9 – Non farti prendere troppo dalla grammatica.
10 – Padroneggia l’arte della descrizione.
11 – Non dare troppe informazioni sul passato della storia.
12 – Racconta di ciò che le persone fanno DAVVERO
13 – Corri dei rischi.
14 – Convinciti che non servono droghe per essere un bravo scrittore.
15 – Non cercare di rubare la voce di qualcun altro.
16 – Prendi atto che la scrittura è anche una forma di telepatia.
17 – Prendi sul serio la tua scrittura.
18 – Scrivi ogni giorno.
19 – Finisci la tua prima bozza in tre mesi.
20 – Quando hai finito di scrivere, fai un grande passo indietro.
21 – Abbi il coraggio di tagliare.
22 – Resta sposato, curati della tua salute e conduci una bella vita.

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Le tre cose da capire in una persona, per Maya Angelou

Ho imparato che puoi capire molto di una persona dal modo in cui affronta queste tre cose: una giornata di pioggia, la perdita del bagaglio, e l’intrico delle luci dell’albero di Natale.

 

Maya Angelou

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La grammatica essenziale di Ennio Flaiano

Consigli di Ennio Flaiano a un giovane analfabeta che vuol darsi alla letteratura attratto dal numero dei premi letterari

Chi apre il periodo, lo chiuda.
È pericoloso sporgersi dal capitolo.
Cedete il condizionale alle persone anziane, alle donne e agli invalidi.
Lasciate l’avverbio dove vorreste trovarlo.
Chi tocca l’apostrofo muore.
Abolito l’articolo, non si accettano reclami.
La persona educata non sputa sul componimento.
Non usare l’esclamativo dopo le 22.
Non si risponde degli aggettivi incustoditi.
Per gli anacoluti, servirsi del cestino.
Tenere i soggetti al guinzaglio.
Non calpestare le metafore.
I punti di sospensione si pagano a parte.
Non usare le sdrucciole se la strada è bagnata.
Per le rime rivolgersi al portiere.
L’uso del dialetto è vietato ai minori di 16 anni.
È vietato servirsi del sonetto durante le fermate.
È vietato aprire le parentesi durante la corsa.
Nulla è dovuto al poeta per il recapito.

Ennio Flaiano, L’uovo di marx, Libri Scheiwiller, Milano 1987

 

Tratto da: Archivio Caltari

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10 regole per scrivere narrativa: Elmore Leonard

1. Mai iniziare un libro parlando del tempo. Se è solo per creare atmosfera, e non una reazione del personaggio alle condizioni climatiche, non andrai molto lontano. Il lettore è pronto a saltare le pagine per cercare le persone. Alcune eccezioni. Se ti capita di essere Barry Lopez, che conosce più modi di un eschimese per descrivere il ghiaccio e la neve nel suo Sogni Artici, puoi fare tutti i bollettini meteo che vuoi.

2. Evita i prologhi: possono irritare, soprattutto quelli che seguono un’introduzione che viene dopo una prefazione. Queste sono cose che di solito si trovano nella saggistica. In un romanzo, un prologo è un antefatto, e puoi metterlo dove ti pare. C’è un prologo in Quel fantastico giovedì di Steinbeck, ma va bene perché lì c’è un personaggio che centra esattamente ciò di cui parlo in queste regole. Dice: “Mi piacciono i dialoghi in un libro, e non mi piace che nessuno mi dica com’è il tizio che parla. Voglio immaginarmelo dal modo in cui parla”.

3. Nei dialoghi non usare altri verbi tranne “disse”. La battuta appartiene al personaggio; il verbo è lo scrittore che ficca il naso. Almeno, “disse” non è invadente quanto “borbottò”, “ansimò”, “ammonì”, “mentì”. Una volta notai che Mary McCarthy aveva chiuso una battuta con “asserì” e dovetti smettere di leggere e prendere un dizionario.

4. Non usare un avverbio per modificare  il “disse”… ammonì gravemente. Usarlo in questo modo (o in qualsiasi altro modo) è un peccato mortale. Così lo scrittore si espone troppo, usando una parola che distrae e che può interrompere il ritmo dello scambio. In uno dei miei libri si raccontava di un personaggio che era solito scrivere storie d’amore d’ambientazione storica “piene di stupri e avverbi”.

5. Tieni i punti esclamativi sotto controllo. Ti è permesso di usarne non più di due o tre ogni 100.000 parole.  Se poi sei incline a giocare con i punti esclamativi come Tom Wolfe, puoi aggiungerne a manciate.

6. Non usare mai “improvvisamente” o “s’è scatenato l’inferno”. Questa regola non richiede una spiegazione. Ho notato che gli scrittori che usano “improvvisamente” tendono ad avere meno controllo nell’uso dei punti esclamativi.

7. Usa dialetti e slang con moderazione. Una volta che cominci a compitare foneticamente le parole nei dialoghi e a riempire le pagine di apostrofi, non sarai più in grado di fermarti. Nota come Annie Proulx cattura il sapore delle sonorità del Wyoming nella sua raccolta di racconti Distanza ravvicinata.

8. Evita descrizioni dettagliate dei personaggi, come faceva Steinbeck. In Colline come elefanti bianchi di Ernest Hemingway come sono “l’Americano e la ragazza che era con lui”? “Si era tolta il cappello e lo aveva messo sul tavolo”. Nel racconto, questo è l’unico riferimento a una descrizione fisica.

9. Non dare troppi dettagli descrivendo posti e cose, a meno che tu non sia Margaret Atwood e sia in grado di dipingere con le parole. Non vuoi descrizioni che portino l’azione – il flusso della storia – a un punto morto.

10. Cerca di omettere le parti che i lettori tendono a saltare. Pensa a cosa salteresti leggendo un racconto: fitti paragrafi che trovi abbiano troppe parole.

La mia regola più importante è quella che ricapitola la 10: se sembra scritto, riscrivilo.

Tratto da: Archivio Caltari

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Le 10 regole per scrivere di Jonathan Franzen:

1. Il lettore è un amico, non un avversario o uno spettatore.2. La narrativa che non sia avventura personale dell’autore nella paura e nell’ignoto non vale la pena di essere scritta se non per soldi.

3. Non usare mai “poi” come congiunzione – abbiamo “e” per questo scopo. Inoltre sostituire con “poi” è la più pigra e scontata non-soluzione per le troppe “e” nella pagina.

4. Scrivi in terza persona a meno che non salti fuori una prima persona veramente particolare.

5. Quando le informazioni diventano gratuite e universalmente accessibili, le voluminose ricerche per un romanzo perdono di valore insieme al romanzo stesso.

6. Anche la narrativa più autobiografica ha bisogno di invenzioni. Nessuno ha mai scritto una storia più autobiografica de “La metamorfosi” di Kafka.

7. Si osserva meglio stando immobili in un punto che rincorrendo qualcosa.

8. Ho i miei dubbi che qualcuno possa scrivere buona narrativa connesso a internet.

9. I verbi interessanti sono raramente interessanti.

10. Devi amare prima di riuscire a essere inflessibile.

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Le quaranta regole dello scrivere bene di Umberto Eco

LE QUARANTA REGOLE DELLO SCRIVERE BENE

DI UMBERTO ECO

(Estratto da “La Bustina di Minerva” Bompiani 2000)


Umberto Eco: «Le faccio mie, con qualche variazione, perché penso che possano essere utili a molti, specie a coloro che frequentano le scuole di scrittura.»

1. Evita le allitterazioni, anche se allettano gli allocchi.
2. Non è che il congiuntivo va evitato, anzi, che lo si usa quando necessario.
3. Evita le frasi fatte: è minestra riscaldata.
4. Esprimiti siccome ti nutri.
5. Non usare sigle commerciali & abbreviazioni etc.
6. Ricorda (sempre) che la parentesi (anche quando pare indispensabile) interrompe il filo del discorso.
7. Stai attento a non fare… indigestione di puntini di sospensione.
8. Usa meno virgolette possibili: non è “fine”.
9. Non generalizzare mai.
10. Le parole straniere non fanno affatto bon ton.
11. Sii avaro di citazioni. Diceva giustamente Emerson: “Odio le citazioni. Dimmi solo quello che sai tu.”
12. I paragoni sono come le frasi fatte.
13. Non essere ridondante; non ripetere due volte la stessa cosa; ripetere è superfluo (per ridondanza s’intende la spiegazione inutile di
qualcosa che il lettore ha già capito).
14. Solo gli stronzi usano parole volgari.
15. Sii sempre più o meno specifico.
16. La litote è la più straordinaria delle tecniche espressive.
17. Non fare frasi di una sola parola. Eliminale.
18. Guardati dalle metafore troppo ardite: sono piume sulle scaglie di un serpente.
19. Metti, le virgole, al posto giusto.
20. Distingui tra la funzione del punto e virgola e quella dei due punti: anche se non è facile.
21. Se non trovi l’espressione italiana adatta non ricorrere mai all’espressione dialettale: peso el tacòn del buso.
22. Non usare metafore incongruenti anche se ti paiono “cantare”: sono come un cigno che deraglia.
23. C’è davvero bisogno di domande retoriche?
24. Sii conciso, cerca di condensare i tuoi pensieri nel minor numero di parole possibile, evitando frasi lunghe — o spezzate da incisi che inevitabilmente confondono il lettore poco attento — affinché il tuo discorso non contribuisca a quell’inquinamento dell’informazione che è certamente (specie quando inutilmente farcito di precisazioni inutili, o almeno non indispensabili) una delle tragedie di questo nostro tempo dominato dal potere dei media.
25. Gli accenti non debbono essere nè scorretti nè inutili, perchè chi lo fà sbaglia.
26. Non si apostrofa un articolo indeterminativo prima del sostantivo maschile.
27. Non essere enfatico! Sii parco con gli esclamativi!
28. Neppure i peggiori fans dei barbarismi pluralizzano i termini stranieri.
29. Scrivi in modo esatto i nomi stranieri, come Beaudelaire, Roosewelt, Niezsche, e simili.
30. Nomina direttamente autori e personaggi di cui parli, senza perifrasi. Così faceva il maggior scrittore lombardo del XIX secolo, l’autore del 5 maggio.
31. All’inizio del discorso usa la captatio benevolentiae, per ingraziarti il lettore (ma forse siete così stupidi da non capire neppure quelloche vi sto dicendo).
32. Cura puntigliosamente l’ortografia.
33. Inutile dirti quanto sono stucchevoli le preterizioni.
34. Non andare troppo sovente a capo. Almeno, non quando non serve.
35. Non usare mai il plurale majestatis. Siamo convinti che faccia una pessima impressione.
36. Non confondere la causa con l’effetto: saresti in errore e dunque avresti sbagliato.
37. Non costruire frasi in cui la conclusione non segua logicamente dalle premesse: se tutti facessero così, allora le premesse conseguirebbero dalle conclusioni.
38. Non indulgere ad arcaismi, apax legomena o altri lessemi inusitati, nonché deep structures rizomatiche che, per quanto ti appaiano come altrettante epifanie della differanza grammatologica e inviti alla deriva decostruttiva – ma peggio ancora sarebbe se risultassero
eccepibili allo scrutinio di chi legga con acribia ecdotica – eccedano comunque le competente cognitive del destinatario.
39. Non devi essere prolisso, ma neppure devi dire meno di quello che.
40. Una frase compiuta deve avere.

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Roberto Benigni

Ridi sempre, ridi, fatti credere pazzo, ma mai triste. Ridi anche se ti sta crollando il mondo addosso, continua a sorridere. Ci son persone che vivono per il tuo sorriso e altre che rosicheranno quando capiranno di non essere riuscite a spegnerlo.”

Roberto Benigni

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L’Invito – Mountain Dremer, Indian Elder

Non mi interessa sapere qual è il tuo mestiere.
Voglio sapere per cosa si strugge il tuo cuore e
se hai il coraggio di sognare l’incontro con ciò che esso desidera.
Non mi interessa sapere quanti anni tu abbia. Mi interessa sapere se correrai il rischio di
fare la figura del pazzo per amore, per il tuo sogno, per l’avventura di essere vivo.
Non mi interessa sapere quali pianeti quadrano con la tua luna, voglio sapere se hai
toccato il centro del tuo dolore, se le difficoltà della vita ti hanno portato ad aprirti
oppure… a chiuderti in te stesso nel timore di soffrire ancora!
Voglio sapere se sei capace di stare nel dolore, tuo o mio, senza far nulla per nasconderlo, o allontanarlo, o cristallizzarlo.
Voglio sapere se sei capace di stare nella gioia, tua o mia; se puoi
scatenarti nella danza e lasciare che l’estasi t’invada fino alla punta delle dita dei piedi o
delle mani, senza esortarci ad essere prudenti, realistici o consapevoli dei limiti umani.
Non mi interessa sapere se la storia che racconti è vera.
Voglio sapere se sei capace di deludere un altro per restare fedele a te stesso, e di non tradire mai la tua anima a costo
di lasciare che altri ti chiamino traditore.
Voglio sapere se puoi essere di parola, e quindi
degno di fiducia. Voglio sapere se sei capace di trovare la bellezza anche nei giorni in
cui il sole non splende, e se puoi dare inizio alla vita sulle sponde di un lago,
gridando “SI” al bagliore d’argento della luna piena.
Non mi interessa sapere dove vivi, né quanto denaro possiedi.
Voglio sapere se dopo una notte disperata di pianto sei capace di alzarti, così come sei, sfinito e con l’anima coperta di lividi, per metterti a fare quello che c’è da fare per i bambini.
Non mi interessa sapere chi conosci, né come mai ti trovi qui.
Voglio sapere se starai in piedi con me al centro del fuoco, senza tirarti indietro.
Non mi interessa sapere che cosa hai studiato, né con chi e neppure dove.
Voglio sapere cosa ti sostiene da dentro quando tutto il resto viene a mancare.
Voglio sapere se puoi stare solo con te stesso, e se la tua stessa compagnia ti piace veramente, nei momenti di vuoto.”

Mountain Dremer, Indian Elder
(Sognatore delle Montagne, anziano uomo-medicina)

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